VANGELO 2009
11 gennaio 2009 Marco 1,7-11 Il Battesimo di Gesù
Commento di
Gesù [Da: Il Vangelo come mi è stato
rivelato Volume 1 Capitolo 45.6 (Il
Poema dell’Uomo-Dio Volume 2 Capitolo 4) Centro Editoriale Valtortiano]
Dice Gesù:
«Giovanni
non aveva bisogno del per se stesso. Il suo spirito, presantificato sin dal ventre di sua madre, era possessore
di quella vista di intelligenza soprannaturale che sarebbe stata di tutti gli
uomini senza la colpa di Adamo.
Se l'uomo
fosse rimasto in grazia, in innocenza, in fedeltà col suo Creatore, avrebbe
visto Dio attraverso le apparenze esterne. Nella Genesi è detto che il Signore
Iddio parlava familiarmente con l'uomo innocente e che l'uomo non tramortiva a
quella voce, non si ingannava nel discernerla. Così era la sorte dell'uomo:
vedere e capire Iddio proprio come un figlio fa col genitore. Poi è venuta la
colpa, e l'uomo non ha più osato guardare Dio, non ha più saputo vedere e
comprendere Iddio. E sempre meno lo sa.
Ma
Giovanni, il mio cugino Giovanni, era stata
mondato dalla colpa quando
Giovanni
non aveva bisogno di nessun segno. Ma alla ottusità
degli altri il segno era necessario. Su cosa avrebbe fondato Giovanni la sua
asserzione, se non su una prova innegabile che gli occhi dei tardi e le
orecchie dei pesanti avessero percepita?
Io pure
non avevo bisogno di battesimo. Ma la sapienza del Signore aveva giudicato
esser quello l'attimo e il modo dell'incontro. E, traendo Giovanni dal suo
speco nel deserto e Me dalla mia casa, ci unì in
quell'ora per aprire su Me i Cieli e farne scendere Se stesso, Colomba divina,
su Colui che avrebbe battezzato gli uomini con tal Colomba, e farne scendere
l'annuncio, ancor più potente di quello angelico perché del Padre mio: “Ecco il
mio Figlio diletto col quale mi sono compiaciuto”. Perché gli uomini non
avessero scuse o dubbi nel seguirmi e nel non seguirmi.
Le manifestazione del Cristo sono state molte. La prima, dopo
La mia
patria fu piena delle mie manifestazioni. Come seme gettato ai quattro punti
cardinali, esse avvennero in ogni strato e luogo della vita: ai pastori, ai
potenti, ai dotti, agli increduli, ai peccatori, ai sacerdoti, ai dominatori,
ai bambini, ai soldati, agli ebrei, ai gentili. Anche ora esse si ripetono. Ma,
come allora, il mondo non le accoglie. Anzi non accoglie le attuali e dimentica
le passate. Ebbene, Io non desisto. Io mi ripeto per salvarvi, per portarvi
alla fede in Me.
Sai, Maria, quello che fai? Quello che
faccio, anzi, nel mostrarti il Vangelo? Un tentativo più forte di portare gli
uomini a Me. Tu lo hai desiderato con preghiere ardenti. Non mi limito più alla
parola. Li stanca e li stacca. È una colpa, ma è così. Ricorro alla visione, e
del mio Vangelo, e la spiego per renderla più chiara e attraente.
A
te do il conforto del vedere. A tutti do il modo di desiderare di conoscermi.
E, se ancora non servirà e come crudeli bambini getteranno il dono senza
capirne il valore, a te resterà il mio dono e ad essi il mio sdegno. Potrò una
volta ancora fare l'antico rimprovero: “Abbiamo sonato e non avete ballato;
abbiamo intonato lamenti e non avete pianto”.
Ma
non importa. Lasciamo che essi, gli inconvertibili, accumulino sul loro capo i
carboni ardenti, e volgiamoci alle pecorelle che cercano di conoscere il Pastore.
Io son Quello, e tu sei la verga che le conduci a Me».
18
gennaio 2009 Giovanni
1,35-42 I PRIMI DISCEPOLI
Vangelo e
commento di Gesù [Da: Il Vangelo come mi
è stato rivelato Volume 1 Capitolo 47.2-3; 49.7 - Centro Editoriale Valtortiano]
47.2Giovanni vede per primo
Gesù e lo indica al fratello e ai compagni. Parlano fra loro per un poco e poi
Giovanni si dà a camminare velocemente per raggiungere Gesù. Giacomo lo segue
più piano. Gli altri non se ne occupano. Camminano lentamente, discutendo.
Quando Giovanni è presso a Gesù, alle
sue spalle, lontano appena un due o tre metri,
grida: «Agnello di Dio che levi i
peccati del mondo!».
Gesù si volge e lo guarda. I due sono a
pochi passi l'uno dall'altro. Si osservano. Gesù col suo aspetto serio e indagatore.
Giovanni col suo occhio puro e ridente nel bel viso giovanile che pare di
fanciulla. Gli si dànno si e
no vent'anni, e sulla gota rosata non vi è altro segno che quello di una
peluria bionda, che pare una velatura d'oro.
«Chi cerchi?» chiede Gesù.
«Te, Maestro».
«Come sai che sono maestro?».
«Me lo ha detto il Battista».
«E allora perché mi chiami Agnello?».
«Perché ti ho udito indicare così da lui
un giorno che Tu passavi, poco più di un mese fa».
«Che vuoi da Me?».
«Che Tu ci dica le parole di vita eterna
e che ci consoli».
«Ma chi sei?».
«Giovanni di Zebedeo sono, e
questo è Giacomo mio fratello. Siamo di Galilea. Pescatori siamo. Ma siamo pure
discepoli di Giovanni. Egli ci diceva parole di vita e noi lo ascoltavamo,
perché vogliamo seguire Dio e con la penitenza meritare il suo perdono,
preparando le vie del cuore alla venuta del Messia. Tu
lo sei. Giovanni l'ha detto, perché ha visto il segno della Colomba posarsi su
Te. A noi l'ha detto: "Ecco l'Agnello di Dio". Io ti dico: Agnello di
Dio, che togli i peccati del mondo, dàcci la pace,
perché non abbiamo più chi ci guidi e l'anima è turbata».
«Dove è Giovanni?».
«Erode l'ha preso. In prigione è, a Macheronte.
I più fedeli fra i suoi hanno tentato di liberarlo. Ma non si può. Torniamo di
là.
47.3Lasciaci
venire con Te, Maestro. Mostraci dove abiti».
«Venite. Ma sapete cosa chiedete? Chi mi segue dovrà
tutto lasciare: e casa, e parenti, e modo di pensare, e vita anche. Io vi farò
miei discepoli e miei amici, se volete. Ma Io non ho ricchezze e protezioni.
Sono, e più lo sarò, povero sino a non avere dove posare il capo e perseguitato
più di sperduta pecora dai lupi. La mia dottrina è ancor più severa di quella
di Giovanni, perché interdice anche il risentimento. Non tanto all'esterno si
volge, quanto allo spirito. Rinascere dovrete se volete essere miei. Lo volete
voi fare?».
«Sì, Maestro. Tu solo hai parole che ci
dànno luce. Esse scendono e, dove era tenebra di
desolazione perché privi di guida, mettono chiarore di sole».
«Venite, dunque, e andiamo. Vi ammaestrerò per via».
47.4Dice
Gesù:
«Il gruppo che mi aveva incontrato era numeroso. Ma uno
solo mi riconobbe. Colui che aveva anima, pensiero e carne limpidi da ogni
lussuria.
Insisto sul valore della purezza. La
castità è sempre fonte di lucidità di pensiero. La verginità affina, poi, e
conserva la sensibilità intellettiva ed affettiva a perfezione, che solo chi è
vergine prova.
47.5Vergine
si è in molti modi. Forzatamente, e questo specie per le donne, quando non si è
stati scelti per nozze di sorta. Dovrebbe esserlo anche per gli uomini. Ma non
lo è. E ciò è male, perché da una gioventù anzitempo sporcata dalla libidine
non potrà che venire un capo famiglia malato nel sentimento e sovente anche
nella carne.
Vi è la verginità voluta, ossia quella
di coloro che si consacrano al Signore in uno slancio dell'animo. Bella
verginità! Sacrificio gradito a Dio! Ma non tutti poi sanno permanere in quel
loro candore di giglio che sta rigido sullo stelo, teso al cielo, ignaro del
fango del suolo, aperto solo al bacio del sole di Dio e delle sue rugiade.
Tanti restano fedeli materialmente al
voto fatto. Ma infedeli col pensiero che rimpiange e desidera ciò che ha sacrificato. Questi non sono vergini che a metà. Se la
carne è intatta, il cuore non lo è. Fermenta, questo
cuore, ribolle, sprigiona fumi di sensualità, tanto
più raffinata e riprovata quanto più è creazione del pensiero che accarezza,
pasce, e aumenta continuamente immagini di appagamenti illeciti anche a chi è
libero, più che illeciti a chi è votato.
Viene allora l'ipocrisia del voto.
L'apparenza c'è, ma la sostanza manca. Ed in verità vi dico che, fra chi viene
a Me col giglio spezzato dall'imposizione di un tiranno e chi vi viene col
giglio non materialmente spezzato, ma sbavato dal rigurgito di una sensualità
accarezzata e coltivata per empire di essa le ore di solitudine, Io chiamo
"vergine" il primo e "non vergine" il secondo. E al primo
do corona di vergine e duplice corona di martirio per la carne ferita e per il
cuore piagato dalla non voluta
mutilazione.
47.6Il valore
della purezza è tale che, tu lo hai visto, Satana si preoccupa per prima cosa
di convincermi all'impurità. Esso lo sa bene che la colpa sensuale smantella
l'anima e la fa facile preda alle altre colpe. La cura di Satana si è vòlta a questo punto capitale per vincermi.
Il pane, la fame, sono le forme
materiali per l'allegoria dell'appetito, degli
appetiti che Satana sfrutta ai suoi fini. Ben altro è il cibo che esso mi
offriva per farmi cadere come ebbro ai suoi piedi!
Dopo sarebbe venuta la gola, il denaro, il potere, l'idolatria, la bestemmia, l'abiura della Legge divina. Ma il primo passo
per avermi era questo. Lo stesso che usò per ferire Adamo.
47.7Il mondo
schernisce i puri. I colpevoli di impudicizia li colpiscono. Giovanni Battista
è una vittima della lussuria di due osceni. Ma se il mondo ha ancora un poco di
luce, ciò si deve ai puri del mondo. Sono essi i servi di Dio e sanno capire
Dio e ripetere le parole di Dio. Io ho detto: "Beati i puri di cuore
perché vedranno Dio". Anche dalla terra. Essi, ai quali il fumo del senso
non turba il pensiero, "vedono" Dio e l'odono e lo seguono, e
l'additano agli altri.
47.8Giovanni
di Zebedeo è un puro. E' il puro fra i miei
discepoli. Che anima di fiore in un corpo d'angelo! Egli mi chiama con le
parole del suo primo maestro e mi chiede di dargli pace. Ma la pace l'ha in sé
per la sua vita pura, ed Io l'ho amato per questa sua purezza, alla quale ho
affidato gli insegnamenti, i segreti,
E' stato il mio primo discepolo, il mio amante dal
primo istante che mi vide. La sua anima s'era fusa con la mia
sin dal giorno che m'aveva visto passare lungo il Giordano e m'aveva
visto indicare dal Battista. Se anche non m'avesse incontrato di poi, al mio
ritorno dal deserto, m'avrebbe cercato tanto da riuscire a trovarmi, perché chi
è puro è umile e desideroso di istruirsi nella scienza di Dio e viene, come va
l'acqua al mare, verso quelli che riconosce maestri nella dottrina celeste».
49.7Gesù esce
sulla piazzetta (dopo
il discorso nella sinagoga di Cafarnao – n.d.r.) Sulla porta
sono Giovanni e Giacomo con Pietro e Andrea.
«La pace sia con voi» dice Gesù e
aggiunge: «Ecco l'uomo che, per esser giusto, ha
bisogno di non giudicare senza prima conoscere. Ma che però è onesto nel
riconoscere il suo torto. Simone, hai voluto vedermi? Eccomi. E tu, Andrea,
perché non sei venuto prima?».
I due fratelli si guardano imbarazzati.
Andrea mormora: «Non osavo...».
Pietro, rosso, non dice nulla. Ma,
quando sente che Gesù dice al fratello: «Facevi del
male a venire? Solo il male non si deve osare di farlo» interviene schietto:
«Sono stato io. Lui voleva condurmi subito da Te. Ma io... io ho detto... Sì.
Ho detto: "Non ci credo", e non ho voluto. Oh! ora
sto meglio!...».
Gesù sorride. E poi dice: «E per la tua
sincerità Io ti dico che ti amo».
«Ma io... io non sono buono... non sono capace di fare
quello che Tu hai detto nella sinagoga. Io sono iracondo, e se qualcuno mi
offende... eh!... Io sono avido e mi piace aver
denaro... e nel mio mercato di pesce... eh!... non sempre... non sempre sono
stato senza frode. E sono ignorante. E ho poco tempo da seguirti per avere la
luce. Come farò? Io vorrei diventare come Tu dici... ma...».
«Non è difficile, Simone. Sai un poco
«Questo mi piace! Questo lo capisco.
«Qui sto. Ma ora andrò a Gerusalemme e poi predicherò
per
«Io verrò a udirti ancora. Voglio esser tuo discepolo.
Un poco di luce entrerà nella mia testa».
«Nel cuore soprattutto, Simone. Nel cuore. E tu,
Andrea, non parli?».
«Ascolto, Maestro».
«Mio fratello è timido».
«Diverrà
un leone. La sera scende. Dio vi benedica e vi dia buona pesca. Andate».
A
chi ha sarà dato…
I
talenti
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Il
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